Oggi parliamo delle prossime (il 25 maggio) elezioni
amministrative che coinvolgeranno ben 4104 comuni d’Italia. Per rendere le cose
più semplici prenderemo ad esempio uno di questi comuni, una ridente cittadina
medio piccola, dove l’agone elettorale ha coinvolto una miriade di candidati
alla carica di sindaco ed una incredibile moltitudine di candidati consiglieri
comunali. Considerato che sia il sindaco, che gli assessori ed i consiglieri
eletti guadagneranno cifre in verità modeste, parrebbe a prima vista trovarsi
di fronte ad un lodevolissimo attacco di senso civico. Nulla di più sbagliato e
fuorviante. Il sindaco uscente, universalmente noto per il carattere alquanto
“ispido”, fu letteralmente defenestrato mesi or sono per motivi rimasti oscuri
alla cittadinanza. Ufficialmente perse l’appoggio di parte della sua
maggioranza e, una bella mattina, fu fatto cadere senza tanti complimenti da
una parte dei suoi ex sostenitori e dall’opposizione. E’ stato bellissimo
vedere le facce allibite dei suoi supporter nel momento in cui il mondo gli
crollava addosso. La perdita dell’adorata poltrona può causare drammi interiori
e familiari inimmaginabili. Ma qual’era stato il detonatore che aveva portato
alla prematura caduta di un’amministrazione che, sulla carta, aveva tutte le
carte in regola per durare almeno cinque anni se non oltre? La risposta si
trova in un piano di opere e lavori pubblici senza precedenti per un contesto
limitato come quello della cittadina di cui oggi parliamo. Decine di milioni
messi in preventivo di spesa a fronte di un bilancio comunale che, pur essendo
costantemente in attivo, non è certo così capiente da consentire simili spese
nel corso del quinquennio di un’amministrazione locale. Un preventivo di spesa
tale da scatenare i più famelici appetiti, da nord a sud, senza distinzione
alcuna di fede politica e/o appartenenza partitica. A dire il vero
precedentemente si era assistito ad una sorta di prologo, propedeutico alla
situazione attuale. Dovendo provvedere alla ricostruzione di un’altra opera
pubblica (facciamo finta che, nella fattispecie, fosse una sorta di ponte) tra
tutte le soluzioni possibili era stata scelta la più inutilmente costosa, sia
sotto il profilo ingegneristico che sotto il profilo tecnico. I cittadini,
intenti ai loro affari e a non “disturbare” il lavoro dei solerti
amministratori, si guardarono bene dal protestare per l’inutile sperpero di
denaro pubblico. Al termine dei lavori di costruzione c’è chi ricorda con le
lacrime agli occhi la gioia di maggioranza e opposizione al momento della
spartizione dei meriti e, forse, anche di qualcos’altro. Ma in questo caso il
piatto è davvero ricchissimo, sempre in relazione al modesto contesto
cittadino. Certo, non saremo ai livelli miliardari dell’Expo di Milano, ma un
investimento sul territorio di circa cinquanta milioni di euro, in opere
pubbliche, non è certo da disprezzare. La domanda sorge spontanea: come fa un
modesto comune ad investire una somma superiore al totale del proprio bilancio?
Dove li prende i soldi considerato che il patto di stabilità non consente ai
solerti e diligenti amministratori di accedere alle risorse derivanti dalle
eccedenze di bilancio accumulatesi negli anni? Nel frattempo i partiti,
impegnatissimi in un accesa campagna elettorale, di tutto parlano tranne che
del piano di investimenti. Dicono tutto ed il contrario di tutto, si alleano,
si studiano, si incontrano e (per finta) si scontrano, ma mai una parola sullo
scoglio che fece naufragare la precedente amministrazione, nemmeno dai diretti
interessati. E allora? Bisogna sapere che sul territorio comunale, ormai da
qualche anno, si è acceso l’interesse di una grossa catena di supermercati che
sta cercando in tutti i modi di aprire un proprio punto vendita. Dire negozio
sarebbe improprio in quanto i potenziali assunti sarebbero tra le duecento e le
quattrocento unità. Assunti di cui la maggioranza sarebbe a tempo indeterminato
e provenienti dal comune medesimo, in un contesto lavorativo a dir poco
miserabile. Per non parlare del fatto che gli assunti, con le relative
famiglie, sarebbero un potenziale serbatoio di voti tale da far ingolosire gli
appetiti politici più voraci. L’area per la realizzazione dell’opera che ha
focalizzato l’interesse della catena di supermercati è quella attualmente
occupata da un azienda che si occupa di tutt’altro. Tanto per fare un esempio
immaginiamo che sia un’azienda di articoli sportivi ormai quasi totalmente de
localizzata all’estero, ma la cui struttura ben si presterebbe a realizzare il
centro commerciale oggetto di tanti famelici appetiti. I problemi sono
fondamentalmente due: in primo luogo il regolamento commerciale non
consentirebbe (attualmente) la realizzazione di un mega store sul territorio
comunale. Il secondo problema è che i dipendenti attualmente impiegati nell’azienda
di cui sopra ben difficilmente sarebbero riassunti dalla catena di supermercati
e questo non fa chiaramente buon gioco alla campagna elettorale in corso. La
catena di supermercati ha però calato tutti i suoi assi: acquisto in contanti
dell’immobile di suo interesse e cinquanta milioni circa al comune per gli
oneri di conversione e urbanizzazione. Più di una fonte bene informata, anche a
livello sindacale, afferma che gli accordi in tal senso sono già stati
sottoscritti nelle segrete stanze. Divulgarli ora, nel mezzo di un infuocata
campagna elettorale, farebbe infuriare parecchia gente. Pensiamo ai piccoli
commercianti che non reggerebbero la concorrenza del colosso della grande
distribuzione organizzata e sarebbero costretti a chiudere. Pensiamo ai
dipendenti che verrebbero liquidati (con il benestare dei sindacati) con un bel
calcio nelle terga, per far posto alle nuove assunzioni. Pensiamo a partiti e
liste civiche che dovrebbero giustificare la mancata trasparenza nei confronti
della cittadinanza. Pensiamo alle nuove formazioni che, presentandosi solitarie
per la prima volta, sono del tutto ignare della combine, e potrebbero usare
queste informazioni per ribaltare in tutto o in parte il risultato elettorale.
Pensiamo agli elettori che, ignari, pensano al voto in un’ottica di sano
civismo e competizione a livello comunale. Pensiamo agli appaltatori amici
degli amici che già si stanno golosamente spartendo i lavori e le opere da
eseguire. Appare evidente che non si poteva lasciar gestire quello che chiameremo
“il tortazzone” al precedente sindaco ed alla precedente amministrazione
comunale. Bisognava che i maggiorenti cittadini e le loro famiglie se ne
occupassero direttamente, senza deleghe e/o procure a terzi incomodi che ne
avrebbero potuto reclamare oltre che il merito anche una cospicua fetta. E
allora, una volta concordata la linea d’azione comune tra le finte maggioranza
ed opposizione, una volta sottoscritti i protocolli d’intesa con l’investitore,
via alla caduta della vecchia amministrazione e a nuove elezioni
amministrative. Il bello è che tutti lo sanno sia la maggioranza, sia
l’opposizione (finta) che l’ex sindaco, ma nessuno ne parla per non danneggiare
il mitico tortazzone. Che sia ormai tutto deciso appare ormai evidente. Resta
solo da vedere chi sarà a gestire direttamente la colossale operazione,
aggiudicandosene la responsabilità ed il merito e, forse, non solo quello.
Qualcuno potrebbe anche pensare ad una ricaduta economica nelle tasche dei
diretti interessati, ma, si sa, la calunnia è un venticello. Quando la
cittadinanza si ritroverà di fronte al fatto compiuto sarà troppo tardi per
protestare o cercare di indirizzare diversamente il corso degli eventi. Del
resto in campagna elettorale si parla di tutto: sport, turismo, alberghi, anziani,
centro storico, disagio sociale, lavoro, e chi più ne ha più ne metta, ma
neanche un accenno al mitico tortazzone. Se questa è la politica a livello
locale di un piccolo comune di provincia, cosa ci si può aspettare dalla
politica a livello nazionale ed europeo? Di storie come questa, migliori o
peggiori, siamo certi che potremmo raccontarne una per ognuno e ciascuno dei
4104 comuni che si apprestano al voto; potrebbe essere ambientata (quasi)
ovunque, il risultato non cambierebbe. Un economia basata su appalti e lavori
pubblici è sempre e comunque destinata a produrre simili distorsioni sul
territorio al nord come al centro e al sud. Poi, fra qualche anno, come sempre,
sarà la magistratura a fare “piena luce” su fatti e vicende che, forse, non
appariranno come legittimi all’esame effettuato nelle opportune sedi giudiziarie.