sabato 22 dicembre 2012

Criteri di parametrizzazione della Curva di Laffer in relazione alla crisi economica Italiana

La crisi economica italiana, e più in generale europea, ha riportato l’attenzione di parte degli economisti sulla famosa “Curva di Laffer” ed in particolare sulla sua possibile interpretazione in relazione agli accadimenti che si succedono senza sosta in ambito economico. Più in generale l’attenzione degli economisti si è andata focalizzandosi sulla ricerca di un nuovo sistema di misurazione delle grandezze macro economiche in grado in qualche modo di superare positivamente i concetti di Prodotto Interno Lordo e di Spread, i quali, pur mantenendo una propria importanza, appaiono alquanto non esaustivi in quanto in grado di fotografare solo una minima parte dello scenario economico attuale. E’ noto che attualmente tutti i maggiori indicatori economici di riferimento sono legati a scenari multi level estremamente dinamici e, soprattutto, rappresentativi dell’andamento medio o di una parte particolare dei mercati finanziari. Prescindendo dall’indiscussa importanza di questi indicatori singolarmente o in toto, appare evidente come, attualmente, manchi un indicatore che comprenda sia gli indici di mercato, sia gli indicatori macroeconomici, sia quei dati statistici come disoccupazione, pressione fiscale, debito pubblico, saggio d’interesse sul debito sovrano, ecc. In questo frangente si pone quindi come argomento di cogente urgenza la parametrizzazione della Curva di Laffer in relazione all’andamento economico italiano, e più in generale europeo. L’obiezione che è stata mossa sino ad oggi ai sostenitori della curva è che questa non sarebbe stata matematicamente provata, ovvero si tratterebbe di una teoria senza riscontro pratico all’interno del sistema di misurazione delle grandezze macroeconomiche. Per i non addetti ai lavori riassumiamo di seguito il teorema di Laffer: L’asse delle ascisse (t = x) rappresenta l’aliquota di imposta fiscale applicata, mentre l’asse delle ordinate (T = y) rappresenta la somma delle entrate fiscali. Nella teoria di Laffer esiste un punto massimo di pressione fiscale (Tmax) oltre il quale le entrate fiscali diminuiscono in modo drastico ed esponenziale.


File:Krzywa Laffera.svg

Tradizionalmente la Curva di Laffer è rappresentata con un grafico disegnato come una campana perfetta. Questa rappresentazione è dovuta all’indeterminatezza di calcolo della curva stessa che dipende da molti fattori, primo tra tutti, come dicevamo, il valore di Tmax. I detrattori insistono molto sul fatto che elusione ed evasione fiscale e sottrazione inficerebbero in modo determinante la possibilità di calcolare con esattezza la curva. Si tratta in realtà di un falso problema in quanto non soltanto i valori dell’elusione fiscale e dell’evasione vengono periodicamente calcolati e diffusi, ma perfino la corruzione su base nazionale ha un suo valore economico preciso riportato all’interno delle statistiche di riferimento. Inoltre uno degli assunti fondamentali della curva è che l’elusione e l’evasione fiscale aumenterebbero esponenzialmente una volta superato il valore Tmax. Aggiungerei che anche la corruzione pare essere favorita ed incrementata dal superamento del valore Tmax. Per quanto riguarda la sottrazione al gettito fiscale il valore di riferimento è sicuramente costituito dal numero di aziende che delocalizzano all’estero la propria attività posto in relazione alle nuove aperture e a quelle che scelgono di non delocalizzare, detratte tutte le liquidazioni d’impresa ed i fallimenti che vanno calcolati a parte fornendo un utile indicatore statistico ai fini del calcolo della curva. Abbiamo però dei dubbi sul fatto che la curva possa effettivamente trovare una rappresentazione in un grafico a campana perfetta. Probabilmente sia la curva ascendente che quella discendente non soltanto possono essere dissimili tra loro, ma anche avere degli andamenti che possono essere modificati dall’incidenza degli indici di riferimento prescelti per la valorizzazione della curva medesima. Negli anni ’80, quando fu proposta per la prima volta, l’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, diminuì la pressione fiscale ottenendo un aumento in termini assoluti del valore del gettito fiscale. Per i puristi keynesiani il debito pubblico è pari alla differenza tra la tassazione (gettito fiscale) e la spesa pubblica. Il gettito fiscale è dato dall’aliquota moltiplicata per il Prodotto Interno Lordo, ed è direttamente collegato alla produzione di ricchezza. Pertanto per i keynesiani il fatto che Reagan abbia aumentato il valore assoluto delle entrate fiscali (gettito fiscale) non costituirebbe una dimostrazione empirica del teorema della Curva di Laffer in quanto il valore stesso delle entrate fiscali era, in quell’occasione, diminuito in confronto al PIL.. Occorre però precisare che, in quell’occasione, gli Stati Uniti si lanciarono in un imponente programma di riarmo, aumentando in modo massiccio sia la spesa pubblica che il debito sovrano. Questi ultimi due fattori sono quelli che, probabilmente, hanno portato alla diminuzione delle entrate fiscali (come valore relativo) in confronto al PIL. Quest’ultimo era stato artificiosamente aumentato, come abbiamo visto, dallo spropositato aumento della spesa pubblica. In questo frangente ci aiuta sicuramente a capire la relazione tra PIL, spesa pubblica e Curva di Laffer un altro teorema noto come Curva di Armey. 






Il fine ultimo del teorema di Armey è quello di trovare un  punto di ottimizzazione della spesa pubblica. Anche la Curva di Armey ha un andamento a campana come la Curva di Laffer, ed è facile intuire come i due teoremi siano legati tra di loro. Armey rappresenta sul piano delle ascisse (x) l’ammontare della spesa pubblica nazionale, e su quello delle ordinate (y) il tasso di crescita della nazione di riferimento. La Curva di Armey è ormai generalmente accettata in quanto i suoi effetti sono stati provati scientificamente da più di un economista (vedi l’interessantissimo studio di Schaltegger and Torgler (2006) in merito alla spesa Federale Svizzera). Armey sostiene che a sinistra della campana, ovvero con bassi livelli di spesa pubblica, lo Stato non sia in grado di garantire l’ordine pubblico, la difesa dei diritti di proprietà, e la difesa del territorio nazionale, viceversa a destra della campana l’eccesso della spesa pubblica porta a fenomeni di corruzione sempre più diffusi, trasferimento di denaro pubblico verso gli elettori ai fini di clientelismo, sempre maggiore attività lobbistica ai fini della spartizione della spesa pubblica eccedente, assegnazione di denaro pubblico ad aziende di settori già saturi, a sfavore della ricerca e sviluppo, e più in generale diventa estremamente sconveniente per il privato (cittadino o azienda) investire nel Paese. In pratica alti livelli di spesa pubblica producono un effetto negativo sulla crescita, mentre gli investimenti dei privati non producono nessun effetto. E’ esattamente la situazione nella quale ci troviamo in Italia in questo momento, ovvero, crescita zero, PIL al –3% e livelli di corruzione elevatissimi a fronte di una spesa pubblica esagerata. E’ pertanto evidente come la costruzione di nuove mega infrastrutture come la TAV o il Ponte sullo Stretto di Messina, non soltanto non producano alcuna crescita dell’economia nazionale, ma anzi, paradossalmente inaspriscano la già grave recessione in atto. La correlazione con la curva di Laffer appare ancora più evidente osservando i due modelli a confronto:





E’ interessante notare come l’apice della Curva di Armey si raggiunga molto prima dell’apice della Curva di Laffer. In pratica il Tmax di Laffer, ovvero il punto di equilibrio tra gettito fiscale e aliquota di tassazione è raggiunto dopo il Tmax della Curva di Armey. Questo significa che tra le due aliquote viene a crearsi uno Spread virtuoso che, portando ad un avanzo primario fortemente positivo, può finalmente consentire la programmazione del rientro di importanti quote del debito sovrano. Tornando alla parametrizzazione della Curva di Laffer è interessante notare come gli economisti statunitensi siano pressoché concordi nell’affermare che il punto di rottura e di non ritorno di un sistema economico sia rappresentato da una tassazione (diretta e indiretta) intorno al 70% del reddito. In Italia studi della Confindustria e della CGIA di Mestre sono concordi nell’affermare che il livello di tassazione si aggira attualmente tra il 65% e il 68%. Siamo dunque al punto di rottura. Ma quali sono le conseguenze pratiche di un carico fiscale così elevato e dov’è posizionata l’intersezione tra ascisse e ordinate della Curva di Laffer? Per rispondere alla prima domanda basta osservare lo scenario economico attuale. Abbiamo un alto livello di disoccupazione, aziende che delocalizzano in massa, pensioni medie insufficienti a coprire il costo della vita, stipendi tra i più bassi in Europa, un alto tasso di insolvenze e di fallimenti tra le aziende presenti sul territorio nazionale, costante contrazione dei consumi con conseguente riduzione del gettito fiscale. Possiamo quindi dedurre che l’attuale posizionamento sulla curva di Laffer sia >t3. Politiche “del rigore” come quelle praticate dal governo Monti, non soltanto hanno ulteriormente depresso l’economia nazionale, ma non tenendo conto del differenziale tra la Curva di Armey e la Curva di Laffer hanno prodotto un incremento del debito pubblico di ben cento miliardi di euro all’anno. E’ davvero un gran bel risultato per un governo supposto “tecnico” che applicando politiche fortemente antisociali e pseudo liberiste ha in realtà causato un grave danno ai conti dello Stato. Ad un ritmo di incremento di cento milioni di euro all’anno, il nostro debito sovrano arriverà a ben 2500 miliardi di euro (se non di più) alla fine della prossima legislatura. A quel punto sarà ancora possibile fare qualcosa per l’economia Italiana? Preferiremmo di gran lunga non dover rispondere a questa domanda, anche se al momento sembra impossibile che qualunque governo possa uscire dalle prossime elezioni sia in grado anche solo di capire la situazione macroeconomica, per non parlare dei provvedimenti giudicati “indifferibili” da anni e mai nemmeno presi in considerazione. Ma esiste ancora un altro fattore estremamente destabilizzante e imprevisto che possiamo annoverare tra gli effetti negativi del posizionamento >t3 sulla Curva di Laffer. Dopo le aziende, che non trovano più conveniente investire in Italia, adesso sono paradossalmente i lavoratori che stanno progressivamente perdendo la propria convenienza economica nel lavorare per salari così bassi. Se consideriamo che un giovane diplomato / laureato che si avvia al mondo del lavoro percepisce uno stipendio di base di circa € 500, senza alcuna possibilità di un miglioramento futuro, mentre un padre di famiglia arriva a 1000/1200 euro, appare evidente come presto, a fronte di un costante aumento del carovita, andare a lavorare per cifre di quest’ordine di grandezza non rappresenti più una fonte di sostentamento sufficiente. I primi ad accorgersene sono stati i medio livelli, capiufficio e responsabili di reparto, quelli che prima dell’acuirsi della crisi percepivano retribuzioni nette mensili superiori ai 2000 euro. Essi sono stati i primi ad essere eliminati dalle aziende in quanto “troppo costosi” con il risultato di un generale impoverimento del tessuto aziendale italiano. Oggi ad essere eliminati sono i lavoratori “semplici”. Ma possiamo concepire un’economia dove gli schiavi cinesi producono beni per i disoccupati italiani? Poiché un simile scenario non pare possibile, e a fronte di stipendi di 2600 euro netti al mese pagati in nord Europa ai lavoratori NON specializzati, è facile prevedere che a partire dal 2013 gli italiani ridiventeranno un popolo di migranti. Anche sul fronte bancario le cose non vanno meglio. I continui salvataggi miliardari prestati dal governo a banche che dovrebbero essere messe in liquidazione coatta amministrativa come il Montepaschi Siena e la Popolare di Milano, hanno in realtà creato una distorsione nell’economia italiana. Le banche preferiscono infatti investire in titoli di stato piuttosto che favorire il credito al consumo o alle aziende. Dal loro punto di vista dare soldi ai privati è comunque più rischioso (e meno remunerativo) che darli allo Stato acquistando di Titoli del debito pubblico. Questo ha portato all’attuale contrazione del 50% del mercato dei mutui casa, che si prevede scenderanno di un ulteriore 15/20% nel corso del 2013. Anche il mercato della casa, che sino ad ora è stata il bene rifugio degli italiani per eccellenza, sta subendo una fortissima contrazione, che non potrà che portare ad una conseguente forte svalutazione del prezzo e del valore degli immobili. E’ ufficiosamente noto che, già ora, è possibile ottenere uno sconto sino al 20% sui prezzi degli immobili quotati ufficialmente dalle Agenzie Immobiliari. Le banche vanno così perdendo clienti e liquidità, a favore di un economia basata sui titoli derivati e investimenti finanziari, con conseguenze devastanti sul tessuto economico e sociale del Paese reale. Le soluzioni non mancherebbero e sono in parte illustrate nel precedente documento intitolato“Linee Guida al Documento di Programmazione Economico Finanziaria ed alla Politica Italiana” , manca soltanto un Governo che abbia la volontà e la forza di metterle in atto. In conclusione riassumiamo le variabili che costituiscono i criteri di parametrizzazione della Curva di Laffer:

·                      Tasso di disoccupazione generale;
·                      Tasso di disoccupazione giovanile;
·                      Percentuale di aumento su base annua dello stock del Debito Sovrano;
·                      Tasso medio di rendimento dei Titoli di Stato;
·                      Flat tax;*
·                      Percentuale delle aziende che annualmente scelgono di delocalizzare;
·                      Percentuale dei fallimenti e delle liquidazioni;
·                      Percentuale delle aziende che scelgono di continuare la propria attività;
·                      Percentuale di tassazione diretta e indiretta (attualmente al 65/68%);
·                      Percentuale degli occupati a tempo pieno e indeterminato;
·                      Ammontare della spesa pubblica in relazione alle entrate fiscali;
·                      Percentuali di evasione, elusione e sottrazione fiscale;
·                      Tasso di corruzione / concussione su base nazionale;
·                      Variazione percentuale +/- del valore degli immobili su scala nazionale;
·                      Variazione della spesa pubblica +/- per istruzione, sanità, trasporti pubblici, giustizia;
·                      Variazione della spesa pubblica +/- per difesa nazionale e law enforcement;
·                      Tasso di migrazione all’estero +/- dei lavoratori italiani;
·                      Percentuale del volume di affari della malavita organizzata in relazione al PIL;
·                      Variazione percentuale del PIL (attualmente – 3%);
·                      Volume e valore medi delle transazioni finanziarie pre e post Tobin Tax;

Una volta valorizzato t3 tramite il calcolo basato sui fattori elencati, sarà facilissimo seguire l’evoluzione grafica della Curva di Laffer in relazione alle variabili elencate, e calcolare quindi con esattezza il punto Tmax. Abbiamo voluto inserire tra i criteri anche la cosi detta Flat Tax* , a nostro avviso uno dei parametri fondamentali. Il concetto di un aliquota di tassazione media uguale per tutti, alla quale assoggettare tutti i tipi di reddito al fine di ottenere il medesimo gettito fiscale, è politicamente improponibile per ovvi motivi. Un’economia sana non può certo assoggettare alla medesima aliquota i redditi alti e quelli bassi. L’importanza del calcolo della Flat Tax  ha pertanto un valore puramente statistico; al diminuire di questa è facile intuire un miglioramento dell’indice della Curva di Laffer. Quello che comunque dobbiamo purtroppo notare è che tutti questi dati sono da lungo tempo già noti agli economisti, nonché ai “tecnici” del governo Monti. Continuare ad insistere su politiche economiche è sociali come quelle sin qui osservate rappresenta, purtroppo, il preludio ad una recessione senza fine e senza ritorno.